mercoledì 24 febbraio 2010

Tu quando scadi?


Questo articolo di Repubblica di ieri ha riacceso l'ansia che periodicamente mi coglie nei momenti più svariati degli ultimi mesi (con una preferenza, non so perchè, per le ore notturne...).
Io sono figlia di una mamma che a suo tempo ha scelto di stare a casa dopo la nascita delle due figlie. Ci ha seguito in tutto e nel migliore dei modi, eppure tante volte ho pensato, già da quando ero bambina, che non sarei stata in grado di fare una scelta del genere. Ora mi ritrovo nella sua stessa condizione di bi-mamma, e penso che in fondo lei sia stata fortunata, semplicemente perchè ha potuto scegliere. La mia decisione di continuare o meno a lavorare invece dipenderà sostanzialmente da altri: mi rinnoveranno il contratto? Come tanti, ho studiato, mi sono laureata, ho fatto concorsi, ne ho vinto uno (a tempo determinato) e sono entrata con tutti i diritti nel magico mondo del precariato.
Io non faccio il lavoro che ho sempre sognato (anche perchè non ho mai sognato di lavorare :), ma al di là della necessità economica, perchè non siamo in condizione di mantenerci con un solo stipendio, io ho comunque "bisogno" di lavorare, di sentire una utilità in quello che faccio, di rapportarmi con gli altri, di avere la soddisfazione di sapere che dopo un impegno c'è un risultato. Per queste ragioni è insopportabile pensare che qualcuno possa decidere che no, te no, perchè sei mamma, ora no perchè tocca al nipote di tizio, forse no perchè caio non ha firmato tale carta, può darsi di no perchè sempronio non ha ancora deciso...
Perchè in Italia queste possono essere le ragioni per cui si lavora o meno, niente a che fare con la competenza, le scelte personali, la preparazione, l'entusiasmo, l'esperienza.

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