venerdì 19 novembre 2010

In trasferta

Ieri sono andata per lavoro in una città dell'Emilia, una di quelle piene di biciclette, ordinate, con le stradine silenziose e la gente allegra, in cui ti domandi sempre perchè loro qui e tu nel traffico, nel rumore e nel casino. Ma la risposta tanto non c'è mai.
Sono stata per la prima volta nella vita del nenito una notte lontana da lui, e devo dire senza troppi drammi nè da parte mia, nè sua. Mi da anzi un senso di sollievo sapere di non essere ormai più indispensabile per qualcuno. A me piace anche stare un po' da sola. Passeggiare per una città che non conosco, non dover rispettare i tempi e le esigenze di altri, non dover rendere conto a nessuno. Sembrano comportamenti ovvi, e forse anche un po' misantropi, ma quando il resto della vita è tarato su 2 nani di 6 e 1 anno, sono piuttosto conquiste inebrianti da assoporare con piacere. Perchè sono momenti brevi e circoscritti.
E poi ho preso il treno. Mi piace prendere il treno. Ascoltare quello che dicono gli altri, i vari dialetti, e indovinare di dove sono. Guardare scorrere le finestre delle case con le luci accese e scorgervi particolari dell'arredamento: una libreria, una tv accesa, una cucina illuminata. Lasciar scendere le palpebre al dondolio del vagone, tanto ci sono ore vuote da passare. Fissarmi su un particolare: ad esempio studiare tutti i nasi. O tutte le pettinature. O le mani, come le muovono. Mi piace osservare e sentirmi parte di una varia umanità.
Sempre per momenti brevi e circoscritti.

1 commento:

lasimo ha detto...

anche io adoro guardare le luci accese dentro le case, è una di quelle cose che ancora mi strugge.

però confesso che non sono mai riuscita a dormire lontano dai miei figli...suppongo sia una psicopatologia !!!