mercoledì 13 aprile 2011

Esperienze sotterranee

La mattina per raggiungere il mio posto di lavoro prendo la metro per 16 fermate (più la macchina, più un autobus in realtà). 16 fermate ad andare, 16 a tornare, per un totale di più di un'ora di vita al giorno sotto terra. Ma io sono una che cerca di vedere il lato buono delle cose: si ha parecchio tempo per leggere, per pensare, si risparmia benzina e spesso tempo, non si rischiano multe, non si produce CO2, si ha modo di conoscere una varia umanità e nei giorni peggiori (avete idea di cosa significa una metro ogni 12 minuti nelle ore di punta?) si condividono con gli altri esperienze trascendentali, tipo riuscire ad immedesimarsi nelle sensazioni provate dai deportati sui treni diretti ai campi di sterminio. ...................................................................................... Ma non è di questo che volevo parlare, tanto meno della vergognosa situazione del trasporto su ferro di una capitale del G8. Volevo raccontare del fatto che stamani sono salite nel mio vagone 2 classi in gita, più o meno della stessa età, 16-17 anni. I primi a salire sono stati studenti tedeschi: sono entrati tranquilli, si sono sistemati nei posti e ai corrimano disponibili, parlavano e scherzavano tra loro senza disturbare in alcun modo gli altri passeggeri. Tre fermate dopo sale la seconda scolaresca, questa volta italiani, direi di più: di roma o provincia. Sono entrati catapultandosi, sgomitando, spintonandosi tra loro e tra i passeggeri, urlando e bestemmiando, cosa che hanno continuato a fare finchè non sono scesi tutti, tedeschi e italiani alla fermata Colosseo. Ecco, io vorrei capire quale è la differenza, che deve andare al di là dei luoghi comuni sul tedesco compassato, l'italiano esuberante e il romano caciarone. La differenza nell'educazione, nei modelli, nelle regole, nell'idea di civiltà, di convivenza sociale e persino di trasgressione. Vorrei sapere quali sono le responsabilità delle famiglie, della scuola, del contesto, e vorrei poter fare di tutto perchè i miei figli, se questo è lo stereotipo, pur crescendo a Roma, non crescano "romani".

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